ASSOCIAZIONE MEDICA
Il Punto su:
QUANDO E’ LECITO STACCARE LA SPINA?
Sul nostro forum, più che mai vivo e foriero di interessanti e vivaci dibattiti, prendendo spunto da una tragica vicenda umana recentemente è stato postato l’omonimo topic.
Quelle che seguono sono riflessioni a “più mani”, estrapolate dal discorso generale, ma disposte seguendo l’ordine cronologico con il quale sono state scritte, e, senza alterazione del contenuto dell’autore.
Non potendosi certo dire esaurita la discussione su di un argomento tanto attuale quanto profondo e stimolante, mi sembrava comunque giusto e meritevole la pubblicazione di “spunti” salienti sull’argomento, facendoli assurgere a dignità di editoriale.
MURA:
Oggi vorrei parlarvi di una triste vicenda che oramai si sta trascinando da un pò di tempo, cioè quella di Eluana Englaro. Con ciò non voglio tediarvi con mie riflessioni personali che lascerebbero, ovviamente, il tempo che trovano, quanto piuttosto voglio proporvi un brano tratto dal romanzo di Umberto Eco "La misteriosa fiamma della regina Loana" pubblicato da Bompiani nel 2004. E' una testimonianza che ho trovato quanto mai interessante, ancor più se si considera che Umberto Eco è notoriamente uno scrittore ed intellettuale "laico".
"Allora sono morto e l'aldilà è questo territorio monotono e tranquillo in cui per l'eternità rivivrò la mia vita passata, peggio per me se è stata atroce (sarà l'inferno),altrimenti sarà il paradiso. Ma andiamo! Metti che sei nato gobbo, cieco e sordomuto, oppure coloro che amavi ti sono caduti intorno come mosche, genitori, moglie, figlio di cinque anni, e l'aldilà non sarebbe altro che la ripetizione, differente ma continua, dei patimenti che hai vissuto? L'inferno non sono "les autres" ma lo strascico di morte che ci siamo lasciati vivendo? Ma neppure il più maligno degli dèi potrebbe immaginare per noi questa sorte ... Forse non sono morto. Altrimenti non proverei passioni terrene, amore per i miei genitori, inquietudine per i bombardamenti. Morire significa sottrarsi al ciclo della vita e ai palpiti del cuore. Per infernale che sia l'inferno, saprei vedere da distanze siderali quello che sono stato. L'inferno non è scorticarsi nella pece bollente. Contempli il male che hai fatto, non potrai mai più liberartene, e lo sai. Ma saresti puro spirito. Invece io non solo ricordo ma partecipo, incubi, affetti,e gioia. Non sento il mio corpo, ma conservo la memoria, e patisco come se l'avessi ancora. Come accade a coloro a cui hanno tagliato una gamba e se la sentono ancora dolere. Ricominciamo. Mi ha colto un secondo incidente, e questa volta più forte del primo ... La pressione deve essermi salita ad altezze vertiginose. Sono entrato in coma. Al di fuori, Paola, le mie figlie, tutti coloro che mi amano (e Gratarolo -il medico- che si dà i pugni in testa per avermi lasciato andare, mentre doveva forse tenermi sotto un controllo feroce per almeno sei mesi), mi considerano in coma profondo. Le loro macchine dicono che il mio cervello non dà segni di vita, e si disperano chiedendosi se debbano staccare la spina o aspettare, magari per anni. Paola mi tiene per mano, Carla e Nicoletta hanno messo su dei dischi perchè hanno letto che anche in coma un suono, una voce, uno stimolo qualsiasi, possono risvegliarti di colpo. E loro potrebbero continuare così per anni, mentre io sto attaccato a una cannuccia. Una persona con un minimo di dignità direbbe chiudiamo subito, che quelle poverette si sentano alfine disperate ma libere. Ma io riesco a pensare che dovrebbero staccare la spina, e non sono in grado di dirlo. Eppure in coma profondo, lo sanno tutti, il cervello non dà segni di attività, mentre io penso, sento, rammemoro. Già, ma questo è quello che raccontano quelli di fuori. Il cervello dà un encefalogramma piatto secondo la scienza, ma che cosa sa la scienza delle astuzie del corpo? Magari il cervello appare piatto sui loro schermi, e io penso con le viscere, con la punta dei piedi, coi testicoli. Loro credono che io non abbia attività cerebrale, ma io ho ancora attività interiore. Non dico che col cervello piatto l'anima, da qualche parte, funzioni ancora. Dico solo che le loro macchine registrano le mie attività cerebrali fino a un certo punto. Sotto questa soglia io ancora penso, e loro non lo sanno. A tornar sveglio e raccontarlo, c'è da prendere il Nobel in neurologia, e mandare allo sfascio tutte quelle macchine."
NAPOLI:
una riflessione su quanto da sempre è stato l'assillo di ogni uomo: chi siamo, cosa è la morte, se esiste l'anima, se c'è un luogo dove andremo dopo la morte. Perché alla fine questo è quanto ci suggerisce il problema di Eluana. Chi è l'uomo per avere il potere di decidere se staccare la spina della sopravvivenza ad un altro uomo? Può ergersi a padrone della vita? Non è la vita un bene incommensurabilmente grande che essendoci stata data da Dio, l'uomo non può permettersi di toccare.....
Credo che l'anima possa essere quello spirito divino che parla attraverso gli occhi dell'ammalata nonostante il coma. Non so se sopravvivrà dopo la morte, ma sicuramente aiuta a vivere meglio noi che viviamo ed amiamo, sia come parenti che come operatori sanitari. Perché questo lavoro accanto a questi malati può essere fatto solo se c'è amore.
AMBROSANIO:
La corteccia cerebrale è uno dei pochi organi che si sviluppa dopo la nascita e la sua complessità, pur essendo organizzata su base genetica è dovuta alle interconnessioni neuronali che si stabiliscono tra i vari centri cortico e sotto corticali. Nella evoluzione filogenetica del cervello (proencefalo, mesencefalo e telencefalo) sono "conservati" stati riconducibili ad una "coscienza" istintuale: i movimenti riflessi soprattutto, conservati dopo la decorticazione, ne sono un esempio: anche in questo caso è comunque un organismo che VIVE! Nel caso dello stato "vegetativo perdurante" noi abbiamo la conservazione di riflessi istintuali e la normale funzione di organi: ovarico, salivazione, respiro....segni comunque di VITA. Per fare un paragone - forse dirompente - è la stessa cosa che avviene allo stato embrionale dove le funzioni sono conservate, ma l'embrione, il feto, non può discernere con precisione uno stimolo: studi recenti hanno confermato le proprietà recettive dell'embrione! Il cervello muore solo quando non è più in grado di sovraintendere anche alle funzioni, se volete inferiori o riflesse. Nel sedimentare il dolore per la morte di Eluana credo che ci troviamo di fronte ad una difficoltà anatomico-sensitiva: noi siamo abituati a considerare centro della nostra affettività il cuore e non il cervello, e -oltretutto - siamo figli di una società che crea categorie e ruoli in base non all'ESSERE ma all'AVERE: la qualità di vita (questo è il problema vero)diventa un parametro fondamentale, ma certamente non è obiettivabile in assoluto.
MURA:
L'uomo, ma sopratutto il medico, dovrebbe anteporre la sacralità della vita alla qualità della vita. La sacralità della vita non è un concetto meramente religioso ma pervade, ad esempio, la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo promulgata durante la rivoluzione francese.
Consideriamo una persona in stato vegetativo permanente: è questa morta o forse semplicemente non è degna di vivere? E un tetraplegico che muove solo gli occhi è vivo o è morto? Ed un bambino che ha subito un grave danno cerebrale alla nascita, e che ha frequenti crisi epilettiche e non è in grado di muoversi nè di alimentarsi autonomamente è meglio che viva o che muoia? Il problema è che quando si antepone la qualità della vita alla sacralità della vita il dubbio viene.
Ritornando ai pazienti in stato vegetativo permanente la scienza li considera in stato di morte cerebrale. Ma è realmente così o è un assioma che è stato assunto non essendovi altro modo di dichiarare la morte cerebrale e quindi la possibilità di espianto degli organi? Chi è in stato vegetativo permanente è incapace di movimento volontario e presenta un elettroencefalogramma piatto che presuppone l'assenza di attività corticale e quindi di coscienza. Ma sono le nostre macchine abbastanza sensibili? (l'EEG, come pure l'ECG, è uno strumento ideato a fine ottocento, quando la scienza medica cominciava a studiare i fenomeni elettrici del corpo, e da allora è rimasto immutato). E pur dando per scontata l'assenza di attività corticale è risaputo che sensazioni ed emozioni, anche complesse, hanno origine in strutture encefaliche più profonde quali l'ippocampo, l'amigdala, il talamo, e d'altra parte l'assenza di movimento volontario può dare per scontata l'assenza di volontà? O potrebbe essere che la volontà non può tradursi, in questi casi, in movimento? E pur in una condizione di danno corticale evidente possiamo escludere che il cervello, nella sua incomparabile capacità di rimaneggiamento, non sia in grado di elaborare forme, sia pur minime, di coscienza e di pensiero? Ma a mio avviso si potrebbe pure mettere in discussione l'irreversibilità dello stato vegetativo.
PAUDICE:
Quando è lecito staccare la spina? A questa domanda, in conclusione, dopo una esauriente, interessantissima ed intelligente discussione, che ha esaminato le più varie sfaccettature della problematica, sotto il profilo scientifico, senza però trascurare gli aspetti etici e, per chi crede in qualcosa o qualcuno al di sopra dell’intelligenza umana, anche sotto il profilo puramente spirituale, come uomini di scienza, non possiamo, alla luce delle nostre odierne conoscenze, dare una risposta definitiva e certa. Perché mai allora altre figure, appartenenti a mondi completamente diversi, lontani anni luce dalla mentalità del medico, abituato a vedere la vita nelle sue multiformi espressioni, non sempre fatta solo di benessere, ma talvolta anche di sofferenza e di malattia, può attribuirsi il potere di decidere se e come determinare la fine di un essere vivente
Se la vita prescinde dalla sua qualità, il problema quindi potrebbe spostarsi su altri aspetti, che certamente non sono di secondaria importanza. Evenienze come quello dello stato vegetativo o del coma comportano una serie di problemi enormi, prima sconosciuti, che si ripercuotono con tutta la loro gravità sulla famiglia, sugli amici, sulla società civile, con un costo spropositato e, talvolta, evidentemente intollerabile, sul piano degli affetti, dei rapporti sociali, della qualità dell’esistenza di altri esseri umani, che sono, per così dire, sopraffatti da queste situazioni, diventate insostenibili. Allora, forse, è qui il campo dove intervenire, dove legiferare, regolamentare, per trovare soluzioni e rimedi, che possano in qualche modo aiutare a tollerare queste evenienze tragiche.
Autori vari
Napoli, giugno 2009